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Rondini a primavera
Malatestiana

«Le aspettiamo, come vuole il proverbio, per S. Benedetto, 21 marzo, equinozio di primavera. Loro, le rondini, stanno radunandosi sulle colline della Nigeria, pronte a spiccare il volo. Sono quattro milioni. Qualcuna ha addosso un fardello, un geolocator, un trasmettitore, mezzo grammo di tecnologia ultra sofisticata che permette di spiarne la rotta.
Dal 1758, quando lo svedese Linneo classificò la «Hirundo rustica», sono passati due secoli e mezzo, ma ancora non sappiamo con precisione quale bussola guidi queste indomite trasvolatrici.
Le rondini significano tante cose. Sono un simbolo di libertà e di avventura: girano il mondo, volano per migliaia di chilometri senza scalo. Ma rappresentano anche un emblema di fedeltà: tornano sempre nello stesso luogo.
Arrivano, recuperano il vecchio nido o se ne costruiscono sapientemente uno nuovo con fili d’erba e fango, si accoppiano, dopo tre o quattro settimane le femmine depongono da tre a sei uova, seguono 12-18 giorni di cova, poi i gusci si incrinano, dopo quattro giorni già i rondinini si affacciano sull’orlo del nido a becco spalancato, mamma e papà li nutrono, li imbeccano, li addestrano al volo. Le covate sono due, frettolose, aprile-maggio e maggio-giugno, a settembre bisogna partire e il viaggio sarà una dura selezione darwiniana.

Per l’ecologo sono un bioindicatore: dove ci sono rondini c’è meno inquinamento, ci sono meno pesticidi.
Le rondini adombrano anche la nostra cattiva coscienza. Ogni anno, pare, il loro numero diminuisce del 4-5 per cento. Dagli anni 70 si sono dimezzate.

Colpita da chissà quale stolto cacciatore, la rondine del Pascoli cade «tra spini» e «aveva nel becco un insetto: / la cena dei suoi rondinini./ Ora è là, come in croce che tende / quel verme a quel cielo lontano / e il suo nido è nell’ombra che attende / che pigola sempre più piano». C’è un po’ di confusione, bastano due versi perché il poeta distratto trasformi l’insetto in un verme. Ma i vermi non sono affatto il cibo prevalente delle rondini, che invece, volando a becco spalancato, catturano seimila insetti al giorno» ( Piero Bianucci, Rondini, testimoni della nostra cattiva coscienza, «La stampa» 19 marzo 2012, p. 1 e p. 33)

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Leggi, se vuoi:

 A. Mariotti, Come sta l'ambiente? Ce lo dicono le rondini

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Pollicina incontra Rondine
«Sul pavimento c'era una rondine morta, con le belle ali strette lungo i fianchi, le zampe e la testa infilate sotto le piume: la poverina era certo morta dal freddo. Pollicina ne era molto dispiaciuta, perché amava gli uccellini che per tutta l'estate avevano cantato e cinguettato per lei, ma la talpa la spinse con le sue corte zampe e disse: "Ora non canta più! Dev'essere triste essere nato uccello! Dio sia lodato, nessuno del miei figli diventerà tale; un uccello non ha altro che il suo cinguettare, e d'inverno muore di fame!" "È proprio così, come lei dice da quell'uomo assennato che è" aggiunse la topa. "Che cosa ha in cambio dei suoi gorgheggi un uccello, quando viene l'inverno? Deve soffrire la fame e il freddo; ma tant'è, quando si hanno di queste idee grandiose...!" Pollicina non disse nulla, ma quando gli altri si allontanarono dall'uccello, vi si chinò sopra, allontanò le piume che coprivano il capo e baciò i suoi occhi chiusi. “Forse era proprio lei a cantare così bene questa estate per me! ' pensò ' quanta gioia mi ha procurato questo caro e grazioso uccello!” La talpa richiuse il foro da cui penetrava la luce e accompagnò le signore a casa. Ma quella notte Pollicina non riuscì a dormire; allora si alzò, intrecciò con del fieno un grande e bel tappeto e vi avvolse l'uccello; poi vi mise attorno del soffice cotone, affinché avesse un po’ di calore pur trovandosi nella fredda terra. "Addio, bella e piccola rondine!" disse. "Addio e grazie per le tue deliziose canzoni di quest'estate, quando tutti gli alberi erano verdi e il sole ci scaldava così piacevolmente." Poi posò la sua testolina sul petto della rondine, e si spaventò terribilmente, perché era come se qualcosa battesse lì dentro. Era il cuore della rondine, che non era morta, ma solo in letargo: ora era stata scaldata e era tornata in vita.
In autunno tutte le rondini volano via per raggiungere paesi più caldi; e se una si attarda, si raggela tanto che cade come morta e resta immobile finché la neve non la copre tutta. Pollicina tremava per lo spavento, perché la rondine era grande paragonata a lei che era alta solo un pollice; ma si fece coraggio e avvicinò ancora di più il cotone alla poverina, poi andò a prendere una foglia di menta che le serviva da cuscino e gliela mise sotto la testa. La notte successiva tornò ancora da lei, e la trovò viva, ma così debole che riuscì a malapena a aprire gli occhi per un attimo e a vedere Pollicina che aveva un legno marcio in mano, perché era l'unica luce che aveva. "Grazie mille, graziosa bambina!" le disse la rondine malata "adesso mi sono scaldata ben bene. Presto riavrò le forze e potrò di nuovo volare fuori al sole." "Oh!" esclamò la fanciulla "è così freddo fuori, nevica e è tutto gelato! Se resti nel tuo lettuccio ben caldo, ti curerò io." Le portò dell'acqua in un petalo di fiore e la rondine la bevve e raccontò che si era ferita un'ala con un cespuglio spinoso e che per questo non poteva volare veloce come le altre rondini, in viaggio verso i paesi caldi. Alla fine era caduta a terra; di più non ricordava e non sapeva spiegarsi come mai si trovava lì. Per tutto l'inverno restò nella galleria e Pollicina fu molto buona con lei e le si affezionò; né la talpa né la topa ne vennero a sapere nulla, perché la povera rondine non le interessava. Non appena giunse la primavera e il sole scaldò la terra, la rondine dovette salutare Pollicina e aprì il buco che la talpa aveva fatto. Il sole penetrava nella galleria e la rondine chiese alla fanciulla se non voleva partire con lei; poteva sedersi sulla sua schiena, e avrebbero volato nel bosco. Ma Pollicina sapeva che se se ne fosse andata, avrebbe addolorato la vecchia topa. "No, non posso" rispose. "Addio, addio, graziosa fanciulla!" disse la rondine e volò in alto verso il sole. Pollicina la seguì con lo sguardo e gli occhi le si inumidirono, perché voleva molto bene alla rondine. "Qvit! qvit!" cantava la rondine e volò nel verde bosco…».


Copertina di Pollicina. Dalla favola di Hans Christian Andersen, illustrazioni di Charlotte Gastaut, Roma, Gallucci, 2011

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