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Il mangianomi
Malatestiana

Autore: Giovanni De Feo
Milano, Salani, 2010

Età di lettura: dai 14 anni

Una creatura misteriosa e inafferrabile si aggira nel buio rubando a qualunque cosa il proprio nome. In breve tempo uomini, donne, bambini, animali, ma anche torri, foreste e paesi interi vengono ridotti a vuoti gusci irriconoscibili…L’inizio: "Osservate bene le ombre della mia lanterna. Potrete scorgervi le sagome nere di tre cani, la figura intabarrata di un cacciatore, una ragazza addormentata in una torre, e più in là un’ombra orrenda che li sovrasta: è nera e inconoscibile, tutta occhi e zanne. Sono i semi della mia storia questi, presagi e visioni di quanto state per ascoltare. Se fate attenzione vi accorgerete di come le mie parole siano le ombre che la mia lanterna getta sulla parete. Ma come ogni ombra ha un corpo che la genera, così ogni parola è il ricordo di un oggetto o di una passione, ogni nome un grido lanciato in un pozzo: non appena lo si ascolta, suscita in noi un’eco. Il Mangianomi arrivò nel Ducato di Acquaviva una notte d’autunno: il primo ad accorgersene fu il Barone di Spargifiume. Il Barone Turciuto di Spargifiume era un omone grosso la cui pappagorgia sormontata da baffi neri gli dava qualcosa del tricheco e qualcosa dell’orango. Il nobile vestiva di fustagno nero, un cappello piumato, al cinturone un paio di moschetti: più che un nobiluomo pareva un bandito, che a incontrarlo di notte un contadino sarebbe morto di spavento.
Quella notte, come di consueto, era andato per cantine e taverne fino a tardi e solo adesso se ne rincasava in groppa a Urri, il suo cavallo bianco. Ci voleva un bel coraggio ad andare in giro a quell’ora, in una notte in cui sembrava che Dio avesse cominciato a piangere per tutti i peccati del mondo. Pioveva, di quella pioggia fitta che trasforma i contorni delle cose; i fusti delle vigne parevano vecchi chini nel freddo a contarsi le ossa dei piedi. L’effetto dell’alcol si era già dissolto nel gelo e il Barone malediceva il suo cattivo sangue, che lo aveva costretto a uscire per soddisfare il gusto del vino e della buona compagnia. Tutto ciò che desiderava adesso era entrare nel palazzo, liberarsi del mantello fradicio e farsi servire un arrosto di montone con un po’ di fave lessate. Le luci del castello si erano fatte vicine, e colto da un moto di impazienza il Barone spronò il suo cavallo.
«Vai Urri, vai!»
La bestia nitrì e fece uno scarto in avanti.
Il Barone rise, e alla sua risata fece eco lo strepito di un tuono."

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