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Piccole storie negre per i bambini dei bianchi
Malatestiana

Autore: Blaise Cendrars
Roma, Donzelli, 2006

Età di lettura: dai 10 anni

Blaise Sauser (1887-1961), svizzero di nascita e francese d’adozione, si era dato il nome di Cendrars (braci) per suggellare il proprio impeto creativo. Nomade d’istinto, a soli sedici anni salì sul primo treno di passaggio e si ritrovò a Mosca, da dove, lungo la Transiberiana, giunse fino in Cina. Diede così inizio a un’esistenza improntata a un irrefrenabile vitalismo che di lì a qualche anno cominciò a esprimersi nell’eclettismo della sua opera letteraria. Poeta, romanziere, sceneggiatore di cinema e di teatro, Cendrars fu negli anni attorno alle due guerre mondiali tra i più attivi talenti della scena culturale europea. La sua scoperta del patrimonio orale e narrativo dell’Africa, attraverso l’Anthologie nègre del 1921 e le Petits Contes nègres pour les enfants des Blancs del 1928, fu la miccia che innescò in Francia e in tutta Europa l’esplosione dell’arte negra.
 “Sette anni dopo la pubblicazione della Anthologie nègre, che contribuì a diffondere in Europa lo straordinario patrimonio delle tradizioni orali africane, Blaise Cendrars dà alle stampe, nel 1928, una raccolta di fiabe ispirate a quella medesima tradizione, tradotte per la prima volta in italiano con l’intero corredo delle illustrazioni originali di Pierre Pinsard.  Un libro che ha tutta la grazia poetica del poliedrico genio nato in Svizzera e francese d’adozione, che introduce in un mondo dove le leggi naturali godono di una rinnovata libertà, gli animali dialogano con gli uomini, le divinità scendono in terra per dirimere le controversie e l’universo dei viventi viene riletto sulla base delle leggende e dei miti della creazione.
In queste storie, che nascondono la complessità delle relazioni dell’orizzonte animistico, veniamo a sapere da un vecchio che Ngan, il coccodrillo, è il totem più potente, anche se l’identità del Totem supremo, Osusu il Ngan-Esa, è accessibile soltanto ai bambini. Un’indagine dal sapore esoterico attorno all’inafferrabile aspetto dell’ombra la presenta come un’entità taciturna e senza occhi, che riposa nella foresta ed esce la notte acquattandosi dietro le spalle dei cantastorie. “A mezzogiorno è dappertutto”, pronta a distribuire incanti e malefici, mentre col buio diventa pesantissima e nessuno è più in grado di spostarla, anche se la sua natura più riposta e veritiera è quella del gioco e della danza. Ci si imbatte in fantastici apologhi, quello che ha per titolo Il dono della velocità ad esempio, in cui la lepre, un tempo dotata del dono della malizia, chiese al Creatore Mu-Ungu il talismano della velocità. Impaurita dall’ombra delle sue stesse orecchie, fugge a perdifiato e si rifugia in un cespuglio dove il fantasmatico inseguitore scompare. Ma il Creatore la schiaffeggia per la troppa viltà lasciandole un’eterna ferita sul labbro spaccato a metà. In appendice alle piccole storie negre si è scelto di includere un altro scritto di Cedrars, Com’è che i bianchi un tempo erano neri. Racconta di come i figli del Dio Mani-Puta, Manicongo e Zonga, scendono in terra. Solo Zonga, immergendosi nelle acque di un magico lago, riesce a cambiare il colore della pelle diventando un bianco. I Bianchi e i Neri vivono in perenne litigio, perciò si recano dal Dio Nzamé che assegna loro le prove del ferro, del miele e del fiume. Saranno i Bianchi a superarle dimostrando maggiori attitudini pratiche. Il premio è l’accesso alla Terra della Ricchezza, da cui i Neri rimarranno per sempre banditi” (da «Il Foglio.it»).

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